WHERE I USED TO LIVE

  • Marzo 3, 2012

Sono a Londra da otto mesi e mezzo.
Da otto mesi e mezzo sono sempre alla ricerca di… beh, tante cose: in primis me stesso e un posto di lavoro più adatto alle mie aspirazioni professionali.
Il senso della vita lo lascio ad altri, o forse verrà da sé.
A Stoke Newington, dove lavoro da otto mesi al Fat Cat Café (prima come lavapiatti, ora come cameriere), vivo anche.

Da quando sono tornato a Londra dopo la pausa natalizia a Vicenza, ho cambiato casa. È vicina a dove abitavo prima. Ne parlerò in uno dei prossimi post (prometto: non passeranno altri due mesi!).
Non ho mai parlato però della casa che mi ha ospitato per i primi sei mesi qui: è venuto il momento, forse perché ora, che non ci abito più, i ricordi sono più neutri e posso trarre in poche righe un bilancio di quei mesi.

Come già raccontato, quando è stato il momento di trasferirmi in Inghilterra, l’estate scorsa, il cugino Niccolò, a Londra da qualche anno, è stato prezioso per suggerimenti e contatti.
Anche lui ha vissuto a lungo a Stoke Newington; ora è in America per qualche mese.
Mi ha fatto conoscere Alessandro, un suo amico che stava per partire per l’Argentina, e lasciava libera la sua stanza fino a Natale.
Ne ho approfittato, e quella è stata casa mia per i miei primi sei mesi qui.

L’appartamento si trova tra il centro di Stoke Newington e Dalston, uno dei quartieri più attualmente in voga per arte e vita notturna, nel Nord-Est della capitale, nel borough di Hackney, e incide su una delle vie di collegamento più trafficate di Londra, che dal centro porta a Nord, almeno questo è quello che desumo quando allargo il raggio di visione della via su google maps (nel senso che anche in scala ridotta la strada rimane ben sivibile: ad A trovate la casa).
Lo so anche per il traffico che sentivo dalla mia stanza (ora di nuovo di Alessandro – vicinissima è la locale stazione di polizia, e giù di sirene!), l’unica ad angolo, con una finestra per lato.

Nelle foto, Alessandro è quello con gli occhiali.
In casa con me c’erano Isabella, di Bolzano, che ha già preso parte ai miei racconti: a lei mi accomuna la passione per mostre e musei (anche stasera andiamo insieme a vedere “la” mostra dell’inverno qui a Londra, quella su David Hockney alla Royal Academy of Arts, anche questa sempre piena come quella di Leonardo – a cui infatti non ero poi riuscito ad entrare – , così abbiamo dovuto prenotare per stasera, sabato, alle 11, da tanto era piena!). Isabella lavora in un ristorante e ha un futuro certo, a mio parere, nella ristorazione. A lei mi unisce anche un senso di sospensione e di attesa nei confronti della vita, per un futuro tutto da costruire: una condizione che una città con infinite possibilità di carriera come Londra tende a prolungare in eterno!
Insieme a lei, Liesamarie, tedesca, la “storica” di casa, lì da cinque anni, alla cui assunzione in una nota casa di moda inglese ho felicemente testimoniato durante il tempo trascorso insieme.
Miguel, spagnolo, ha presto lasciato il posto, come nel più classico dei telefilm, al messicano Ricardo, ricercatore di scienze politiche, poi raggiunto dal suo ragazzo americano Julien, iscritto ad un master in giornalismo.
Quindi: partiti in 4, ‘siamo arrivati’ (dove, non se sa…) in 5.

La casa, molto grande per gli standard inglesi, è piuttosto bohemmienne: ha una storia di studenti di moda e fotografia che vi hanno vissuto, e le tracce sono sparse per tutta casa: vecchi lavori di tesi che lo abbelliscono, teli per proiezioni, la mia stanza che una volta era una camera oscura…
È spesso teatro di feste, anche di amici di amici (si presta, con il suo grande salone), che durano fino a mattina, che a volte hanno attirato anche la polizia (mi dicono, io non c’ero ancora), e delle quali non ero particolarmente (eufemismo!), uhm, … fan quando dovevo alzarmi al weekend per andare a lavorare.
Con Julien e i suoi amici americani abbiamo anche festeggiato il Thanksgiving a fine novembre.
Per una settimana hanno vissuto a dicembre con noi due gatti, di proprietà di una collega di Liesamarie.
Alla fine non c’era punto della casa in cui non avessero pisciato.

Quando ho compiuto gli anni, a metà gennaio, e vivevo già in casa nuova, Isabella, ottima cuoca, mi ha preparato una cena a sorpresa, immortalata da una delle foto migliori che abbia mai avuto modo di vedere (autoscatto di Alessandro).

Come mio solito, anche data l’età in cui mi son trasferito, dopo aver vissuto per due anni e mezzo da solo a Vicenza (sulla stessa metratura quadrata per cui a Londra pagavo più o meno lo stesso affitto per vivere con altre quattro persone e un solo bagno!), dapprima timido silenzioso e diffidente, mi sono poi aperto, e la casa e i suoi inquilini mi sono entrati nel cuore, e io, credo, nel loro.
Sono ancora amico dei ragazzi con cui ho convissuto, li vado a trovare e li vedo spesso.

Ora che frequento l’appartamento da esterno, mi sono autoproclamato il tipico amico che nelle sitcom si prende la libertà di aprire il frigo senza chiedere il permesso (uno per antonomasia: Skippy di Casa Keaton.



















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ma che bell' appartamento!arriviamo!