(La Giovi non ha proprio ritardi, cioè…)
Se sono più grandicelli, teenager, dunque sottoposti all’imperativo del lavoretto estivo, pagato o volontario, assicuratevi che sia l’impegno più noioso possibile, per permettere a lei o lui di vagare lontano con la testa. Fu la noia straziante della propria vita di casalinga a scatenare l’immaginazione della mamma di Harry Potter e a partorire i 400 milioni di copie vendute.
Così scrive Vittorio Zucconi nella sua settimanale rubrica su D di Repubblica di sabato scorso, parlando delle vacanze estive di bambini e adolescenti.
Questo per dire che, partendo dal presupposto che è un lavoro temporaneo, fare il lavapiatti non mi pesa e non mi dispiace. Quando mi alzo alla mattina non mi crea ansie come un lavoro normale, in cui devo garantire risultati, e ci vado col sorriso.
È in un certo senso rilassante, e mi lascia, appunto, molto tempo per pensare alle mie cose (le solite domande alla Carrie Bradshaw: che faremo nella vita, anche niente, perché no? – sempre Masini -, Voglio restare o tornare?, Cosa farò da grande? QUANDO sarò grande? Etc.).
È un po’ lo stesso motivo per cui Gould, il protagonista genio di City di Baricco, decide di continuare a snetar cessi invece che darsi ad altre attività più impegnative ed intellettuali (non che mi consideri un genio, né che pensi che un giorno scriverò qualcosa come Harry Potter!).
Ho scoperto che di organico, al cafe, c’è anche la cola, più altri tipi di soda e gazzosa, e persino il vino (trevigiano!).
A volte, appunto, il lavoro può diventare monotono e ripetitivo, così ti inventi un po’ di passatemi e giochi (oltre, penserete voi, a farti le fotografie!), ovviamente solo da me capiti e condivisi.
Insieme a giocare a bim bum bam coi vari banconi, o all’estetista con il vapore della lavastoviglie (che ormai è un ricordo lontano, dato che ancora non è stata riparata), o sturare il lavandino con l’apposito trapèo, puoi scegliere di far finta di essere in un videogioco di quelli in cui devi ordinare le cose, tipo Tetris: e allora prima lavi i biceri, poi le tazze, poi le posate, i piatti e così via. O lotti contro il tempo, così quando sei arrivato a zero e non hai niente da lavare, vinci e puoi concederti il lusso di un caffè.
C’è poi da fare i disegni con la spugnetta insaponata sulle larghe piastre del forno o fare spuntare le bolle di detersivo dai lati dello scolapasta gigante tipo ola da stadio, passando la spugnetta tutta intorno.
C’è: “Cosa ti ricorda?”, quando un odore improvvisamente mi fa venire in mente qualcosa di lontano (l’odore delle patate da lavare: il muschio del presepio, il profumo di purè: il pranzo di Natale… sì, insomma: tuto Nadae!).
Usa molto, nella mia testa, anche giocare a ER: quando il montacarichi dal piano di sopra, pieno di roba da lavare, prima di scendere viene annunciato con una specie di campanello interno, mi metto di fronte allo sportello in attesa, e mi sento come quando gli infermieri e i dottori di di ER aspettano che arrivi l’ambulanza, in un silenzio da quiete prima della tempesta, tipo: “Ok, adesso c’è da rimboccarsi le maniche!” (nel mio caso, sporcarsele!).
In cucina con me ci sono Jay, il cuoco (ragazzo inglese tipo: 21 anni, già con un figlio, tatuaggio del Tottenham sul braccio, un debole per i gadget elettronici come i telefonini anche se chiede a me lo spelling per i messaggi che deve mandare – digo, t nain??), e il bangladese Devendra, aiuto cuoco, che però si fa chiamare, per semplicità, Dave (come quando Al Pellegrino a tutti i ragazzi magrebini veniva affibbiato un nome comune tipo Giorgio o Marco per distinguerli e per la difficoltà di ricordarsi il loro nome, anche se poi erano tutti Abdallah. La stessa gag si ritrova anche in Horrible Bosses, dove la voce aiutante di un telefono amico è chiamata Gregory perché il suo nome indiano è impossibile da ricordare per i protagonisti).
La settimana scorsa per variare un po’ la programmazione di Capitol FM, che ha solo 5 canzoni del momento e le manda in heavy (ma tanto!) rotation, distraendomi dal mio pensare, ho portato il mio Ipod, per collegarlo alle casse.
Jay seitava skippare le mie canzoni. Ma era durante il weekend, c’era molto da fare, quindi non sempre aveva le mani libere per farlo.
Immaginatevi me che snaso luganeghe de Linda McCarty (e penso al Natale!) nella fretta dell’ora di punta delle colazioni e dei brunch del weekend, in una cucina nei bassifondi di Londra, finché viene sparata a chiodo roba tipo Cinque giorni che ti ho perso, quanto freddo in questa vita, E mi sento come chi sa piangere ancora alla mia età, e ringrazio sempre chi sa piangere, di notte alla mia età o Eee ciii seiii, adesso tu-uhu, al centro dei pensieri miei, la parte interna dei respirti tu sarai la volontàaa…
Alla fine Jay mi ha detto: “Mmm, diciamo che di 700 canzoni che hai, 100 sono abbastanza buone, 600 fanno cagare”.
Fortuna che non ho nella mia library “Ti innamorerai” di Masini, se no andavo davvero in corto circuito mentale (ma ho “Who said” dei Planet funk!).
Dave, invece, la prima volta che ho passato il mocio per terra mi ha guardato e mi ha detto: “Mmm, no good!”.
La parte più bella del mio lavoro è quando, finito di lavorare, vado al Rose and Crown, il pub in fondo alla strada, e mi godo una agognata birra, da solo e leggendo il giornale, coi piedi alti, senza nessuno che rompe, per almeno un’ora (Io solo dentro al pub, e tutto il mondo fuori!).
È un pub molto bello, che ha anche delle stanze in affitto da poco ristrutturate (vedi sito): mi sono promesso che la mia ultima notte a Londra, quando mai sarà, la passerò lì.
***
Ero fuori dal R&C con Niccolò (che mi ci ha portato per la prima volta, come da foto), ieri, quando una delle cameriere ci ha chiesto di rientrare, perché così aveva detto di fare la polizia.
I negozi di Stoke Newington Church Street avevano tutti chiuso le serrande prima del tempo, compreso il Fat Cat Cafe: erano in corso gli scontri con la polizia in più parti di Londra, tra cui nel centro di Hackney, il borough dove abitiamo sia io che Niccolò.
Quando sono tornato a casa, Miguel, uno dei miei coinquilini, mi ha detto che i riots erano arrivati nel pomeriggio fino a sotto casa nostra, che li aveva visti dalla finestra e prima ci era stato in mezzo, tra vetrine rotte e gente che urlava, scappando dallo shopping centre di Dalston rovesciando per terra lo shampoo che aveva appena comprato (“Hmm, e non hai recuperato lo shampoo, allora??”, è l’unica cosa – cretina – che gli dico io dopo, pensando che finora me l’ha fregato, e che quindi sono senza anch’io!).
Oggi pare tutto più tranquillo. Sono le 23 e sento molte sirene della polizia, ma direi che sono nel numero abituale – abitiamo a fianco della stazione di polizia locale -, non mi pare che siano aumentate rispetto ai giorni scorsi (è normale che in una metropoli come questa avvengano spesso incidenti).
Prima, comunque, a ora di cena, sentendomi già come Michelle Pfeiffer in Qualcosa di personale, nonostante la BBC e me mama mi avessero detto di barricarmi in casa, sono andato a farmi un giro fino ai luoghi degli scontri di ieri, in fondo sperando di vedere qualcosa (avrei potuto andare con ‘na pignata del bar in testa, come mi ha suggerito il Nani), e pensando a cosa avrei detto a chi c’è al posto di Caprarica quando mi avrebbe intervistato, a come avrei fatto le foto senza che mi spaccassero la macchinetta, a cosa avrei scritto in questo blog etc.
Ma (ahimè?) era tutto calmo, di un silenzio irreale, le serrande abbassate, oggi da tutto il giorno, i segni dei tafferugli di ieri, molta polizia in giro, anche un prete che pareva un attore, da quanto bello, una preta, e reporter annoiati con la telecamera in mano.
Certo, la protesta si sta estendendo in altre città inglesi.
Mi sono allora goduto una bella passeggiata agostina (con temperatura da, uhm, diciamo aprile in Italia) per le strade del quartiere, con la brezza serale che mi accarezzava.
(3. fine. Giovi, si scherza, eh?).
Blog Comments
gujo
Agosto 10, 2011 at 8:32 am
Da parte mia, beata incoscienza, non ero minimamente preoccupato per te: sei il protagonista del nostro telefilm preferito, mica può succederti niente di irreparabile, quelli della produzione non lo permetterebbero mai, sennò addio ascolti! Fantastici i giochi che fai snetando i piatti: tetris lo faccio anch'io a casa.
Rob
Agosto 11, 2011 at 7:28 pm
Sassaiola sassaiola…
Dai Dalsa ti vogliamo vedere al Tg come novello Ivan Bogdanovic che brandisci il tuo trancino taglia-rete in sfida ai pulotti inglesi.
LUCY
Agosto 14, 2011 at 8:25 pm
ma lo shampoo era..campus alla mela verde?speravo facessi terra from london con tony capuozzo cosi gli vedevi da vicino le fantastiche borse sotto gli occhi!