THE MOLDAVIAN MASSACRE

  • Maggio 28, 2012

No underground, get over it (Non c’è la metropolitana, fatevene una ragione) è la frase descrittiva di un cartello in vetrina in un negozio di souvenir a cui passo davanti tutte le mattine per andare al lavoro. Lo dice a proposito di Stoke Newington e dice la verità: è un po’ fuori mano rispetto alle rotte di under e over ground (non così tanto, a dir la verità, per uno di gamba allenata, ma in effetti non c’è una stazione della metropolitana che identifica il quartiere).
Ci arrivano più autobus, tra cui il 73 che ha il quartiere come destinazione finale (come illustrato dal poster).

Il bello di vivere a Londra, dove, se non nella City, gli edifici non vanno mai oltre il quarto piano e quasi tutti hanno un giardino, se pur piccolino, a mio avviso è proprio quello di considerarsi parte di una metropoli ma allo stesso tempo di esser sicuri di poter vivere una vita di quartiere in cui ci sono tutti i servizi (parco, scuole, piscine, doxento pub…), e tutti si conoscono. La quintessenza del glocal.

La caratteristica di essere fuori dalle rotte principali di Londra, o di non essere sulle mappe turistiche tradizionali, pur essendo in zona 2 e non molto lontano da Liverpool Street e Shoreditch, rende Stoke un posto un po’ sospeso nel tempo: quando l’ho visitato la prima volta pensavo di essere in qualche paesino sperduto delle Midlands, che pur non ho mai visitato, ma che immagino così.
A volte mi pare di essere in un villaggio Lego: c’è la stazione di polizia, la stazione dei pompieri, il fioraio, la ciesa, el fornaro, doxento pub… E sempre gli stessi personaggi. Nel mio eterno giorno della marmotta in cui, per lavoro, a volte per giorni capita che non esca mai ‘dalle mura’ del quartiere, anche io, nel mio piccolo, saluto la gente per strada, conosciuta perlopiù servendo cappuccini al bar, e conosco tutti, e, proprio come stessi in Corso Palladio a Vicenza, ascolto, volente o nolente, le ciaccole di paese su questo o quel personaggio da questo o quel personaggio.
La tipa del negozio di vini tre porte più giù del caffè mi ha detto che Peaches (o è Pixie?) Geldolf, la figlia di Bob, pur essendo piena di soldi compra vino scadente, mentre non è raro vedere Leona Lewis, la cui mamma abita dietro l’angolo, scendere il cane per pisciarlo. Quelli che mi conoscono sanno che quando sento parlare di celebrity, chiunque esse siano (in pratica le conosco tutte ormai sui due lati dell’oceano, anche del più infimo e inguardato reality show), tendo a sgranare gli occhi effetto molla tipo cartone animato e cominciare a salivare in estasi. Roba che la schiuma del cappuccino mi va in gallo.

A volte è surreale e penso di essere in un film, quando vedo passare sempre le stesse persone alla stessa ora tutti i giorni, io da dietro al bancone mentre leggo di Formigoni e Daccò, del camerlengo del papa che fa la spia e degli altri mali dell’Italia sulla mia Repubblica che compro ogni giorno da Mr Ved, l’edicolaio next door del Fat Cat, che è poi anche il padrone del locale. Quando ho finito di leggerla e al bar non entra nessuno, proseguo il mio human watching. Gli stessi personaggi diventano orologi umani, come capita per tante persone, quando incontro questo o quello sulla strada verso il lavoro e dall’altezza di dove mi imbatto in loro capisco se sono in ritardo o meno (come probabilmente sarò stamattina se non mi sbrigo!).

Il mio stato sociale è salito di un gradino, per i miei gusti, quando, mesi fa, mi sono accorto che al Rose and Crown, uno dei doxento pub, il mio preferito, hanno cominciato a spillarmi la birra appena mi vedevano entrare, senza neanche che dicessi ‘il solito’: sono soddisfazioni!

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Tutti i giorni al caffè ascoltiamo sempre la stessa radio, Magic radio, fanno sempre le stesse canzoni. Una è, ho scoperto poi, Eleanor Rigby dei Beatles, ma io, che pur sapevo che avevano inciso, tra le tante, anche una canzone che si chiama così (perché è anche il titolo di un libro del mio scrittore preferito, Douglas Coupland) non mi vergogno a dire che non l’avevo mai sentita e non riconoscevo la voce di John Lennon.
Un giorno Errol, uno degli habitue (pensate all’omino Michelin: ecco, lui!) dice ah che bella questa canzone. Io dico: ah si, di chi é? Giuro, tutto il bar si è girato a guardarmi male. Errol mi dice, schifato: dei Beatles! Io dico aaaah, certo! ma a me ha sempre e solo ricordato, quando la sentivo e non sapevo di chi era: Ballo ballo ballo da capogiro, ballo ballo ballo senza respiro della Carrà: oh, in una parte è uguale!

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È stato un weekend di grande caldo finalmente in Inghilterra, dopo settimane di pioggia e freddo, così il fototiparo che è in me si è subito attivato per andare al parco e prendere un po’ di sole, ma con grande orrore ho scoperto che… le creme solari in commercio in Inghilterra partono dal fattore di protezione 8!! Col cavolo!! Non sarò mai una 8 (che poi probabilmente sono minimo una 8, ma mi è sempre piaciuto pensare di no), a costo di star bianco tutta l’estate!!

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La settimana scorsa Galia mi ha invitato ad uscire con lei e i suoi coinquilini tra cui c’è un tipo simpatico che mi è stato presentato come George. Dopo un po’ che parlo con George mi rendo conto che ha un accento marcatamente americano, così gli chiedo da che parte dell’America provenga. Mi risponde “No, a dir la verità ho sì studiato in America ma sono della Moldavia” e va avanti a parlare, ma a ‘Moldavia’ mi si blocca lo sguardo in modalità “Uhm uhm, ah ah, certo certo” cioè da triglia e intanto sono trasportato in un luogo lontano, e vorrei chiedergli come si sente il suo popolo a sapere che per un pelo non avrebbe avuto Alexis di Dynasty come suocera reale…
Verrà a galla un segreto di Alexis e cioè che anni prima lei e Blake avevano avuto un’altra figlia, Amanda, di cui non si sapeva l’esistenza. La ragazza entrerà così in scena e sarà al centro delle storie di questa stagione e sarà proprio da lei che verrà fuori il più grande colpo di scena della serie, ovvero il “massacro di Moldavia”. In Moldavia tutti i protagonisti si riuniscono per presenziare al matrimonio fra Amanda e l’erede del regno moldavo. Tuttavia nel regno moldavo è in corso una rivolta di palazzo che avrà il suo culmine durante la cerimonia nuziale. Alla fine della cerimonia nuziale, infatti, un gruppo di guerriglieri entra nella sala e spara sugli ospiti. L’ultima scena dell’episodio – andato in onda nel maggio 1985 – vede tutti protagonisti stesi a terra e apparentemente senza vita, scena che porta il pubblico a credere che ciascuno di loro può essere morto e spinge la maggioranza delle riviste del settore a speculare sugli eventuali sopravvissuti.

Blog Comments

ma nn sei tutto frizzo per le feste della queen?un giorno ti entrerà al fatcat col fassoetto in testa e invece che farle il capo( come direbbero e trieste)ci mandi na mail!e non ti crederà nessuno!

E' quasi come Torri, insomma… solo che da noi si fototipa massimo con la 6!