MY TIME IN BROOKLYN / 002

  • Agosto 2, 2010







Prima di leggere il libro di Paolo Cognetti, poco sapevo di Brooklyn: fino ad allora per me era solo, oltre alla gomma del ponte (un’invenzione italiana) e al posto dove abitava Heath quando stava con Michelle, un nanosecondo di portone all’inizio delle puntate dei Robinson.

Brooklyn, detta in maniera molto semplice, assomiglia più a Londra che a Manhattan: quest’ultima è verticale, Brooklyn invece, come Londra appunto, è orizzontale. E quindi fa respirare di più, vedi più cielo.

È composta da tanti quartieri, non allineati come a Manhattan (ma al loro interno sì suddivisi in perfetti isolati), fatti di infinite case a schiera in fila una accanto all’altra, in mattoni rossi o in brownstone (pietra arenaria) che più in su del quarto piano non vanno.
A Brooklyn è tutto brownstone (negozi, diner, hotel, hanno spesso questo nome e i siti Internet dedicativi sono innumerevoli), ma non mancano le case in liste di legno, coloratissime (come detto, il distretto è davvero vasto).
Pochi i grattacieli.

Il libro di Cognetti mi aveva edotto sul fatto che a Carroll Gardens negli anni ’60 si è trasferita in massa una folta comunità di pugliesi tutti provenienti da Mola di Bari. Così, come detto, non solo ci sono famiglie fossilizzate in usi e costumi di un sud Italia che non esiste più nemmeno da noi, ma anche ciò si riscontra nell’iconografia (appunto: madonne, padrepii e presepi) e nelle insegne locali, spesso di imprese funebri, alcune davvero belle.

Ho conosciuto uno di questi italiani, Tony Verga, che mi ha raccontato come da giovane, mentre molti suoi amici rimasti a casa gli invidiavano il suo essere nuovo cittadino americano, volesse invece scappare da Brooklyn. Per lui era esattamente come essere rimasto a Mola: “La mia via certo aveva un nome diverso da quella in Puglia, 4rd Place – una strada in là cioé da dove sta la casa di Joel – ma gli abitanti erano gli stessi: c’erano zii, cugini – due cugine di nome Colomba – parenti vari in tutto l’isolato… Mi sono fatto due anni di militare pur di andarmene via!”.









Finché ero a Caroll Gardens ho scritto a Paolo Cognetti (sapendo che ha la mia età), trovando l’indirizzo in Internet (il suo blog è paolocognetti.blogspot.com) per dirgli quanto mi avesse ispirato la lettura del suo libro e che stavo nello stesso quartiere dove aveva vissuto per un po’.
Non solo Paolo mi ha risposto, recandomi un immenso piacere, non solo ora posso dire di annoverarlo tra i lettori di questo blog, non solo mi ha dato ulteriori dritte su cosa fare e dove andare a Brooklyn, oltre a quelle che già seguo leggendo il libro, ma la mamma ha anche capito, confermando che il mondo è un buco e la vita è davvero bella e magica, che da giovane ha conosciuto i genitori di Paolo, che sono di origini vicentine.

È di oggi, domenica 1 agosto, la notizia, che mi manda sempre la mamma, che Paolo è stato inserito, su Domenica de Il sole 24 Ore, nell’elenco dei più importanti giovani narratori e scrittori italiani.

P.S.: In settimana ho comprato il libro di Jeff Sharlet The Family: The Secret Fundamentalism at the Heart of American Power.