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  • Giugno 15, 2010





Per il periodo in cui sono qui, o di sicuro fino al 5 luglio, sto al 103 della 105esima strada west (cioé dalla parte ovest di fifth avenue e, quindi, del parco). Ho avuto una iniziale difficoltà a capire che, negli indirizzi, prima c’è il numero civico e poi il numero della strada…: il messaggio di Michael per trovare casa sua era alquanto tricky: “prendi la metro tal dei tali scendi alla 103 io sto a 103 west 105 oppure prendi la talatra metro scendi alla 105 e vieni a 103 w 105” – in pratica: BOH! Come sapete era scritto in un’email perché non ero riuscito a fargli avere il mio numero di telefono quindi quando dopo un’ora di ritardo dall’appuntamento ho suonato ad un appartamento a caso e mi sono sentito rispondere: “Carlo?” – rigorosamente pronunciato Corlo – ho capito che un Dio c’era o che la mia magia aveva colpito ancora.

L’appartamento si trova al limite dell’Upper West Side con Harlem, e più precisamente con Morningside Heights, la parte nordoccidentale dell’isola grossomodo tra 110 e 125esima dove sorge il campus della Columbia University (grande risalto a questa notizia della scorsa settimana: un giovane Barry Obama, nell’81, quand’era studente alla Columbia, ha vissuto in un appartamento sulla 109esima – in pratica quattro isolati da qui – o come si conta la distanza in diagonale, non so se funziona come Forza 4, che vincevi uguale anche, appunto, in diagonale, o se invece si fa come per contare il grado di distanza dei cugini, che devi andare a ritroso e poi . . . anyway… – che ora è in affitto … Se rimango, potrei farci un pensierino :))

Come spesso capita nella vita, o per lo meno a me, avevo fino ad oggi scagazzato il vicinato, invece ho scoperto che a qualche isolato più a ovest c’è un bel parco sul fiume dove poter passeggiare, correre (gli altri, non io :), portare a spasso il cane, leggere, e persino giocare in 14 campi tra calcetto, basket e tennis, con lo sfondo del fiume e, più in là, del New Jersey, (Riverside Park).
La legge dello scagazzamento vale per esempio per i vicentini che non hanno mai visto l’interno della Rotonda, della Basilica, o di Palazzo Chiericati (magari non per snobberia, ma perché sai che “fai sempre a tempo”: io stesso, appena prima di partire, ho rimediato alla mancanza della stradina che da Villa Nani porta all’estremità delle scalette di Monte Berico, mai fatta prima in vita) o per quegli abitanti di Manhattan che non hanno mai messo piede su Staten Island (e sono la maggior parte).

L’androne delle scale del mio palazzo (a proposito: devo vedere cosa c’è oltre il mio piano, perché ovviamente mai salito più su ;D) sa da Camposilvano, diremmo, o insomma da qualsiasi casa di montagna della nostra infanzia (tutti ne abbiamo una, suggerimenti: Gallio, Asiago, Tonezza, Recoaro…) che veniva aperta solamente pressoché d’estate e quindi, in buona sostanza, da chiuso (non ci sono finestre).

La zona è tranquilla e residenziale (anche se ci sono case popolari, i cosiddetti projects, da almeno 30 piani, che per metterli su noi in Italia faremmo anni e anni di dibattiti) anche se priva di bar e locali serali, mentre è naturalmente piena di deli e negozietti di qualsiasi altro tipo. Solamente nel mio isolato ho contato la presenza di una sinagoga, una chiesa greco-ortodossa, e una presbiteriana.

L’appartamento per lo standard di Manhattan è grande, con soprammobili tipo stregone indiano, non c’è un poster o un quadro alle pareti, Michael sul suo letto c’ha cento cuscini tipo adolescenti dei telefilm, gli interruttori sono quelli di Sandrino e Zigo Zago, c’è ‘na bici con caschetto che non si è mai mossa da lì, anzi devo chiedergli se me la presta perché tra le mie cose della to do list c’è “andare in bici a Manhattan”…

Io dormo dietro un separé tipo casa di Silvana Pampanini (anche se lui si era offerto di darmi la sua stanza, ma avrebbe dovuto spostare tutto e siccome io dormo anche, e qui ci sta, in mezzo al traffico di New York, mi è andata benissimo così) su un divano letto Ikea molto comodo da cui però davvero sento tutto, cioé in pratica sirene, sirene, sirene (e comunque la parte della Pampanini la faccio bene dato che ho dovuto prendermi una maschera per schermare la luce perché, va da sé, gli scuri non esistono – di questa e altre “abitudini” americane parlerò in uno dei prossimi post), tra i sacchetti di ciambelle di Dunkin’ Donuts, bottiglie di birra vuote e zaino e due borse tutto in tinta (ancora: da Pampanini). In pratica vivo sul letto, esattamente come a Vicenza!

Pur essendo fornita infatti di un bel bancone, appunto, all’americana, la cucina non ha sgabelli.

Tavoeo e careghe, voialtri i gavìo visti??!!

Blog Comments

Ahahah! Fantastico il separè della pampanini! Hai la location perfetta per fare le happy oily massage sessions da postare sui siti porno… – so che Jimbo sarà d'accordo con me.

Ahahahahahah

Dio che invidia che provo in questo momento amico.
non go voia desso di registrarmi…sono la tua amica pozza

HAHAHAHAHA Giorgia fenomeno. Ogni giardino che vedo ti penso.