FACEBOOK

  • Maggio 9, 2010

Soffro di una nuova malattia: guardare le foto degli altri su facebook. Ci passo delle ore. Ripeto: ore. C’è una categoria in particolare che mi attrae: la Vicenza bene. Annata 1986, 8 anni meno di me. In pratica: la vita che avrei sempre voluto vivere ma che non ho mai vissuto. Questi ragazzi, stile Laguna Beach, che rappresentano la crème de la crème della città, sono ovviamente bellissimi, hanno nomi altisonanti e cognomi blasonati (ho riconosciuto il figlio del chirurgo plastico che mi ha operato ad un’unghia incarnita nell’89), hanno infiniti album di foto.
Ovviamente non fanno vacanze da comuni normali. Sono stati ovunque. Ovunque.
Grecie a strafottere (io mai stato), snowboardate a Gstaad, Pantellerie a iosa (quando io coi miei amici se vado allisoladelbaintenda mi sento un re), tutti i 50 stati americani, piscine con Vicenza sullo sfondo, che manco i Forrester a Beautiful.
Città in cui ti trovi adesso: non ce n’è uno che non scriva Vicenza. Sono tutti a NYU, San Diego State, o sono perennemente in Erasmus. Ovunque. Il programma si è inventato degli stati europei che prima non esistevano, solo per loro.
Sono rapito, e zeppo d’invidia. Il potere dei soldi. Dei loro papi, ovviamente. Credo che questi non abbiano mai lavorato in vita, mai sgrostato un piatto sporco, mai portato ai cassonetti, con la camicia bianca madida che ti si appiccicca addosso nel caldo di agosto, sacchi neri pieni di avanzi di pizza che gente come loro ha avanzato. Ad agosto loro sono in arcipelaghi che esistono solo sui loro mappamondi nelle ville in collina.
Le foto trasudano soldi da ogni dente bianco (otturazioni manco l’ombra), da ogni occhiale all’ultima moda, da ogni capello pulito perfetto e della lunghezza giusta, da ogni polo inamidata e con colletto apprettato che qualche Margheritadimoldavia avrà stirato nella sua dependance sempre sui colli, da ogni labradordacartaigienica dal nome giustissimo e dal pelo lucentissimo.
Sono impeccabili, per ogni occasione l’abito adatto (smoking??? mai avuto uno, loro sembrano averne cento), barche, ville, capodanni sotto coltri di neve, mille amici abbracciatissimi, sorridentissimi, taggatissimi in ogni singola foto, che pare non si siano mai divertiti in vita loro così tanto come per quell’apposito scatto, ovviamente naturalissimo.
Li riconosco per strada e mi verrebbe da salutarli, da quanto mi sono familiari i loro volti, ormai. Mica colpa mia se non rendono privati i loro scatti privati. Leggo i loro papiri appesi per strada e vi trovo riferimenti che riconosco.

Farsi Facebook è stato un errore. La cosa ancora più terribile è che il contatto che ho nella lista dei miei amici da cui parto per vedermi le foto (praticamente non ho fatto altro, questa domenica), è una delle persone più belle, simpatiche, intelligenti e brillanti che abbia mai conosciuto. Fosse almeno stronzo!
Edotta di questa mia ultima malattia, la mia migliore amica Vanna, mi ha così risposto, via sms:

Io non guardo mai le foto degli altri. Magari sono stati ad Honolulu, annoiati, e non bramerebbero una coperta al parco Querini, sdraiati a fianco ad un amico come te.

Grazie cara, e buonanotte (il suo blog è nella lista a lato).

Non riesco a dormire perché domani devo dire al padrone di casa che entro tre settimane lascio l’appartamento in centro città per andare a New York, dopo una vita che lo dico.
Così finalmente potrò cambiare anche io il mio “Città in cui ti trovi ora” su facebook.