Disease the rhythm of the night

  • Febbraio 28, 2020
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Il mio amico Fabrizio insegna storytelling all’Istituto Europeo di Design a Milano e mi ha chiesto di fare un intervento in materia questa settimana. Molto lusingato ho accettato. Mio papà compie gli anni a fine febbraio e volevo esserci, a maggior ragione per il traguardo importante: 75. 

Unito l’utile al dilettevole mi sono organizzato, richiedendo i dovuti giorni di ferie al lavoro e comprando i voli per tempo. L’itinerario era: sbarco con l’aereo a Milano, giornata all’università, spostamento in treno a Vicenza, festa con famiglia e nipotini, ripartenza dopo qualche giorno da Venezia.

Da buon ritardatario, alla volta dello scorso weekend mi stavo approcciando a preparare la mia lezione sullo storytelling, quando il virus reale ha cominciato a diffondersi in Italia. È bastato che Milo mi dicesse guarda che forse chiudono le università lombarde che avevo già mollato la lezione alla terza slide, giusto il tempo di aver inserito foto di me con parrucca viola, raggiungendolo sul divano davanti a Netflix. Su Amsterdam c’era il solito nuvolone e ho pensato che non sarebbe stato male andare a trovare comunque Fabrizio e impiegare il tempo a Milano camminando sotto il sole e visitando musei: avevo la lista pronta.

Apriti cielo! Premesso che non sono mai stato un germofobico e che ho un’idiosincrasia per l’autorità, mai mi son sognato di rinunciare al mio viaggio ma nel giro di qualche ora pareva di essere dentro la trama di un libro da fine del mondo. Non guastava il fatto che il mio itinerario sembrava fatto apposta per passare in mezzo a tutti i focolai proprio durante l’apice dell’epidemia. Fabrizio che mi dice che ha sentito che chiudono lo spazio aereo sulla Svizzera neanche fossimo in Guerre Stellari e rischiavo di non partire, mio fratello che minaccia di non farmi vedere i suoi figli se mi azzardo a passare da Milano (ma non è lui che sta a 30 km dal ceppo veneto? Non dovrei essere io, casomai, a preoccuparmi?), chiudono tutti i musei lombardi (allora vado al cinema, mi dico, ma sappiamo com’è andata a finire anche lì) e, ovviamente, previsti temporali sopra Milano.

“Ciò, fatto spesa all’Alì, banchi quasi vuoti, gente impazzita che gira con le mascherine… ma dove veto?????!!!!!” per fortuna c’è la mia mamma non germofobica, da cui ho preso, che mi riporta coi piedi per terra.

E mentre al telegiornale scorrono immagini da bunker da terza guerra mondiale, scaffali vuoti e tutto, e la gente che non rinuncia a festeggiare il Carnevale si mette la mascherina in faccia, parte il mantra di tutti: Anche se ti fanno partire rischi la quarantena in Italia e di stare a casa dal lavoro!

Ah sì??!! 

Non me lo faccio dire due volte: preparo scarpe comode e ombrello per lunghe passeggiate a Milano (ma poi, per fortuna, ci sarà il sole), metto nello zaino doppia razione di colori e libri, rimando mentalmente la dieta quaresimale in programma fino al ritorno dalla cucina all’ingrasso di mamma, mi studio bene il volto di Milo che forse non vedrò per due settimane e vado ad aggiornare la coda di Netflix.