AND THE OSCAR GOES TO…/5 (FINE, GIURO!)

  • Marzo 10, 2011
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Giuro: è l’ultimo post sulla mia esperienza come comparsa!

Qualche anno fa sono andato al cinema a vedere un thriller americano che era stato in parte girato di fronte al palazzo dove mio padre ha l’ufficio, a Nord Vancouver. Nel film, Nord Vancouver fungeva da “Boulder, Colorado”, e per il resto del film Vancouver era anche Seattle, Denver, New Orleans e alcune altre città, nessuna delle quali Vancouver.
Il fatto è che Vancouver può tranquillamente passare per qualsiasi città del Nord America, tranne forse quelle del Sud Ovest degli States, e Miami.
La leggenda vuole che da qualche parte in città ci sia un magazzino pieno solo di scatole di Seattle Post-Intelligencer, cartelloni segnapunti dei Denver Broncos e palme così finte da sembrare vere.

Douglas Coupland, City of Glass

Tra meno di una settimana torno a casa e ho concluso i miei lavori qui.

Dopo esserlo stato per 7 volte, posso fare un’analisi a posteriori sulla mia esperienza come extra a Vancouver, tracciando i denominatori comuni che ho via via incontrato (chiedo scusa per la lunghezza, mi sono lasciato prendere la mano):

1. Come già dicevamo: l’eccesso di zelo. “Vedi tutta quella gente? Non ha nessun motivo di stare lì”, dice Kevin Costner/The bodyguard a non mi ricordo più chi nell’omonimo film, dietro le quinte degli Oscar (guardacaso). Questa frase mi tornava in mente tutte le volte che ero sul set, osservando come ci sia davvero tantissima gente che pare non far nulla. Poi, per carità, ognuno avrà anche un suo ruolo, ma a volte mi è sembrato che il numero degli addetti ai lavori eguagliasse quello delle comparse (che sono sempre tante, vedi punto 2). Si veda la foto.
Ripeto: il primo pensiero che mi viene da fare è che l’industria televisiva ha davvero montagne di denaro, dato che impiega per tante ore al giorno così tanta manovalanza.
E pensare che siamo in periodo di crisi e non ci troviamo neanche ad Hollywood, ma nella sua succursale nord! Figuriamoci là!

2. Invece di razionalizzare a priori la presenza delle comparse sullo sfondo secondo le inquadrature o l’effettivo bisogno, sono tenute in tendoni come oche da paté e buttate dentro a caso quando servono. Non tutte, si badi!: la maggior parte non fa nulla per il resto del tempo.
Non voglio sputare sul piatto dove ho mangiato, ma se si pensa che spesso si va in overtime (ed è lì che si fanno i soldi), forse si potrebbe pensare a tagliare un po’ il budget, partendo proprio dal ruolo (??!!) delle comparse…

3. ….che è sopravvalutato!! Sempre per eccesso di zelo, truccatori, parrucchieri e costumisti evidentemente devono giustificare la loro presenza sul set. Non contenti di dover sistemare i protagonisti, torturano anche i poveri extra, che vengono truccati e pettinati con pignoleria salvo poi non venire manco inquadrati o, se lo sono, solo a chilometri di distanza e per milionesimi di secondo. Voi tutti potreste giocare a “Potrei essere io” da casa, indicando uno qualsiasi sullo schermo (sullo sfondo).
Un giorno sono arrivato con barba appena accennata. La parrucchiera me l’ha tagliata con l’epilady -!!!- insozzandomi il collo di (credo e spero) crema da donna per le gambe perché “Non credo che il mio regista voglia che si vada ad un funerale con la barba da fare”. A parte che: da quando in qua ci si tira per il morto?, alla fine non ero in ciesa, ma passavo, col giaccone marrone che porto da dieci anni a tutte le latitudini del mondo, sullo sfondo sul marciapiede. Di spalle!!!

4. Dai 2 agli 8 anni ero la mascotte del San Bortolo: ogni 2 settimane circa mi prelevavano il sangue per sospetta anemia, dato che gero perennemente pallido come ‘na strassa (vinassa, vinassa e fiaschi de vin!).
Stranamente, però, ho 7 volte su 7 schivato il trucco perché “mi pare che tu sia a posto”. Si vede che, crescendo, sono switchato in modalità Zio Dino/Heidi, con pometti rossi incorporati, e quindi non ne ho bisogno.

5. Ad ogni convocazione via email mi si raccomandava di portare tre ricambi completi ben stirati (sì, beh, certo: chi mi ha visto fare la valigia sa in che condizioni girano i miei vestiti). Ogni volta arrivavo col mal di pancia tipo pre-lezione di pianoforte/nuoto o … (inserire qualsiasi attività agonistica infantile) o esami del’università, per paura di essere rispedito a casa, tanto miancciose erano le email. Filippo è stato anche testimone di un weekend di panico per studiare il giusto look da applaudente di Alvin & The Chipmunks.
In pratica, ogni volta rifacevo ( = apri, butta dentro a caso, chiudi) la valigia con cui sono arrivato a settembre e andavo con quella sul set, dato che ho proprio 3 vestiti, e quindi o finivo con giaccone marrone o con il maglione arancione.
(Ricordo che, a parità di peso consentito, il bagaglio di Suor Germana/Mary Poppins, era un set di 3 valigie, capacissime, con tutto perfettamente pressato e in ordine, sacchi, sacchetti, sacchettini, mica sacchi, e più cambi d’abito che ad una sfilata dei Forrester, compreso, ovvio, un immancabile abito da cocktail, che, diciamocelo, che minchia è??!!)

6. Le altre comparse, dopo un po’, erano sempre le stesse. Io, muso duro, bareta fraca’, non ho fatto amicizia con nessuno (a parte la mia nemesi, la Dalsa di Germania, pi’ vista dopo ‘e prime do volte): sono noiose e insulse. Parlano solo di quello, come fossero attori consumati o gente dell’indsutria (“Devo cambiare agente perché col mio non mi trovo”: !!).

7. Il mangiare (crafties??? Mai sentìo!) sul set meriterebbe un post a parte.
Come nel resto del continente, si tratta di una questione d’onore, ed è considerato, soprattutto dalla comparse, un diritto. La crew fannullona di cui al punto 1, è super cicciona e ha sempre un panino in bocca, un caffè (carburante umano: senza, pare, muori) in una mano e una ciambella nell’altra. C’è anche roba apparentemente sana, tipo verdure, ma nessuno le tocca, o, se lo fa, ovviamente le affoga con qualsiasi salsa (RIASSUNTO DEL CONTINENTE NORDAMERICANO: TUTA ‘NA SALSA).
Nelle molte ore libere, le comparse si abbuffano al banchetto. Io anche, ovvio. Va da sé che, quindi, quando c’è effettivamente pure l’ora di pranzo, che di solito arriva nel tardo pomeriggio, sono già sazio e spesso la salto (e poi implica prendere un pulmino e spostarsi col freddo!). Un giorno ne ho approfittato per farmi una dormita senza sentire la altre comparse insulse parlare di problemi che non esistono. Tornata dal pranzo, una mi ha svegliato apposta, inorridita: non capiva come mai non ero in fila per il mio rancio. Forse pensava che fossi morto? “Ti conviene andare subito prima che ti freghino tutto”! L’ho guardata con sguardo fulmineo tipo Lady Oscar e intanto col pensiero le dicevo: “Tu finisci dritta nel blog, cocca mia!”.
Le comparse insulse ovviamente si lamentanto sempre del mangiare, che diventa metro di giudizio. Un altro giorno ero in agenzia a ritirare la paga (un meccanismo altresì insulso di pagamento che non ho descritto vuole che ogni volta debba prendere il vaporetto per andare a ritirare l’assegno) e parlavo del mio primo ingaggio, quello del primo post sull’argomento. Un’altra comparsa insulsa, lì presente, invece di dirmi tipo “Ah, era il telefilm con Mark Valley?” o che so altro, mi dice: “Ah, era quel giorno al centro commerciale che il cibo faceva schifo?”. Io dico: “Beh, non mi pareva…” e intanto pensavo: blog! finché le facevo Lady Oscar.

Sui suggerimenti contenuti nella linea guida della mia agenzia c’è anche un interessante: “Portate pazienza quando arrivate presto alla mattina sul set se i crafties non sono ancora pronti. Magari è cosa buona fermarsi da qualche parte a fare colazione prima di arrivare”. Evidentemente, in Nord America, farsi da soli la colazione A CASA con Ovomaltina e orosaiwa o i cereali di Tony la tigre non è contemplato.
Se lo fai, vai in galera.

8. Come quando ti compri un cappotto nuovo e da quel momento squadri al dettaglio quello degli altri e osservi com’è fatto o che tipo di bottoni ha etc., da quando ho fatto questa esperienza, in tv o al cinema, la mia attenzione non è più rivolta a quello che succede in primo piano, ma va diretta allo sfondo, a quante persone ci sono, a cosa fanno finta di fare.
Mi diverto anche a guardare le produzioni che so che sono girate a Vancouver, e a riconoscerne gli angoli.

(5/fine/Promesso! Anca parché so’ agro!).

Blog Comments

Ciao CARLO !!!! Che ridere !!! : ) Anche in Teatro è un po' così … alle volte mi hanno pagato di piu' per non far nulla (MA NULLA!) rispetto a quando ero il protagonista… ed anche in Teatro , con l'occhio da NORD EST – inizi, inconsapevolmente, a focalizzare ogni spreco di risorsa [volendo sistemare idealmente tutto] dicendo : "questo potrebbe lavorare qui una volta la settimana, ed invece va in straordinario iper pagato" …" questa o questo deve aver avuto un colloquio speciale sotto la scrivania" … "questo non sa neppure di esser qui ma prende piu' di me!" … "questo dovrebbe dirigere il palcoscenico ed invece flirta con le comparse …" … e tutto così … Ma rimango fiducioso che , fosse anche dalle ceneri, tutto risorgerà e ci sarà piu' ARTE !

Ogni volta che in TV si parla della notte degli OSCAR ritorni nei miei pensieri immancabile … te lo scrissi su FB, ma oggi la mia connessione è labile , temo si sia perso …

Un caro saluto ! [dev'esser stata bella Vancouver]

Andrea Zaupa