AND THE OSCAR GOES TO…/3

  • Marzo 7, 2011









La mia terza volta è stata sul set di Fringe, serie di fantascienza arrivata alla terza stagione, trasmessa anche in Italia, con una trama così intricata (alcuni episodi sono ambientati in una realtà parallela) da arrivare per cult following ai livelli di Lost.

Io non la seguo: so già che non capirei nulla, e che rimarrei deluso alla fine, realizzando che la realtà parallela (se c’è) non è così accessibile come ce lo fanno credere, o ottenendo solo metà delle risposte alle misteriose domande che la serie pone.

Tra i protagonisti anche Joshua Jackson, amato nella mia gioventù (se gli over 20 si possono ancora considerare tali…) come Pacey in Dawson’s Creek. Purtroppo nella scena in cui ho girato, lui non era presente, l’ho visto per due secondi alla fine delle riprese.

Le riprese si sono svolte alla Vancouver Art Gallery, che stava per una specie di country club del Massachussetts (Fringe è ambientato ad Harvard).
La messa in scena era una serata di fund raising: era richiesto il black tie, che ovviamente non ho. Francesco mi ha prestato la giacca dello smoking degli anni settanta di suo papà, a cui volevo accompagnare le braghe nere sporche di sugo che uso per fare il cameriere.
Suor Germana, da buon arbiter elegantiarum/fighetta qual è, mi ha spiegato che servono i pantaloni con la banda di raso, così sono andato da H&M e me ne sono comprati un paio a pochi schei.

Anche qui avrei fatto bene a restare dell’idea delle braghe sporche di sugo… La convocazione era alle 4 di pomeriggio, prima delle 5 di mattina non siamo usciti, ma tanto casìn par gnente. Ed io che ero in mega ansia, preoccupato che mi spedissero a casa a causa dei due neri non combacianti del completo spezzato!
Anche qui niente filmato: nel fermo-immagine di mezzo millesimo di secondo sono riconoscibile dalla mia classica testa a zucca vuota (o testa della statuetta dell’Oscar perché schiacciata sul cervelletto, come dice mio fratello Francesco) e delle mie braghe con banda di raso nuove neanche l’ombra.
Nonostante le tante ore di attesa e girato, la scena finale montata dura pochi secondi.
L’eccesso di zelo della costumista, che evidentemente deve giustificare il suo lavoro, le ha fatto applicare una striscia di nastro adesivo bianco sul dietro del colletto della mia camicia, per coprire la marca che sta scritta lì, che non avremmo visto neanche zoomando al 1000% e col fermo immagine.

Quando sono uscito, alle 5 di mattina dopo aver visto Pacey, mi aspettava la mia prima neve su Vancouver.

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le ultime righe sono brividi. fine puntata.