Lo sport ed io

  • Novembre 19, 2019
Carlo kickboxing

Non sono mai stato uno sportivo.

Ho sempre pensato che la cosa dovesse attribuirsi al fatto che lo sport non mi è stato inculcato da piccolo, dai miei genitori, non praticanti, non tifosi. Quando ti chiedevano a che squadra tieni io rispondevo quella che andava allora per la maggiore, di solito erano tre (le stesse di adesso); juveintermilan.

Naturalmente, si tratta di pigrizia, così come è più facile (e quindi, pigro) rispondere che non è colpa mia, ma che è una passione che non mi è stata imposta.

Sono sempre stato fisicamente molto pigro. Sono sempre stato un gufo, mi è sempre piaciuto poltrire, dormire, non far niente.

Un anno fa ho compiuto 40 anni.

Ero in questa nuova città e mi sono detto: devi fare qualcosa per quella pancia e quelle spalle spioventi.

Inoltre, non guasta il fatto che gli olandesi sono tutti, generalmente (salvo poche eccezioni) bellissimi. Alti, spalle larghe, pettorali da manuale, pieni di capelli.

Per parafrasare Augusten Burroughs che sosteneva che appena fuori Manhattan ci fosse un cartello che vietava l’entrata a quelli sprovvisti di bicipiti, è come se anche ad Amsterdam, per esserne un cittadino, tu dovessi avere il porto d’armi. Di bicipiti gonfi come manghi, appunto.

Così mi sono iscritto in palestra e ho cominciato a fare un po’ di pesi in sala; non guasta che sono nato a gennaio e la cosa è coincisa coi buoni propostiti di capodanno. Mi piace, soprattutto, di una grande città, l’opportunità infinita che questa presenta. Il fatto che, non importa quante scuse tu ti dia, c’è sempre un corso a cui partecipare. A qualsiasi ora. Se vuoi fare yoga alla mattina ma sai già che, se ti prefiggi di farlo da solo, neanche esci da letto, stai sicuro che nel giro di pochi metri c’è un centro che fa per te, facendo leva su quanto di più importante c’è per la società olandese: il denaro.

Se hai già pagato l’ora sfido chiunque a non alzarsi.

Un anno dopo la mia iscrizione in palestra, che ho pagato per un anno (!), non è che abbia messo su chissà che muscoli. Forse un po’ di spalle in più. Forse, la patente per i bicipiti me la darebbero, anche se non raggiungo le dimensioni di un mango (di un’arancia magari sì, in onore al colore ufficiale olandese).

Quello che ci ho guadagnato, però, è una rivincita personale sul passato. Sul ragazzino timido che faceva ginnastica alle medie con la tuta di Superpippo e le calze di lana. il classico che, quando si formavano le squadre, veniva scelto per ultimo.

È successo che, a poche settimane dall’iscrizione in palestra, il personal trainer che mi aveva fatto qualche lezione privata (profumatamente pagata) mi ha spronato a iscrivermi ad un corso che stava per iniziare, tenuto da lui. Di kickboxing.

Ora, è quanto di più distante dal mio essere che si possa pensare, ma mi son detto, d’istinto, perché no, e sono andato.

Ho indossato guantoni puzzolenti già calzati da mezza città, mi son tolto scarpe e calze (non più di lana) e mi sono messo a correre sul parquet, a dare calci e pugni in aria, a guadagnare, settimana dopo settimana, qualcosa in autostima, confidenza, stress sfogato.

Ci vado due volte a settimana, dopo il lavoro. Non sempre ho voglia, a volte la pigirizia ancora prende il sopravvento. Per arrivare in palestra, dall’altra parte della città, devo farmi in bici un bel pezzo, spesso controvento, sotto la pioggia. esco di casa alla mattina con uno zaino pesante, pieno dell’attrezzatura che nel frattempo mi sono comperato (guantoni – sanno puzza, sì, ma ora è la mia, – parastinchi, proteggi denti, nastro per le mani e conchiglia proteggi gioielli di famiglia). Le lezioni hanno un costo aggiuntivo di 8 euro al mese sull’iscrizione mensile (12, col nuovo adeguamento dell’IVA). Sfido la puzza di sudore in spogliatoio e combatto con la puzza di piedi sul tatami.

Le lezioni sono in olandese, lingua difficile che sto studiando, per cui la conseguenza principale è che sono pieno di lividi causa pugni presi, dato che non capisco cosa bisogna fare e tutto lo sport che non ho fatto da bambino non mi ha dato riflessi sufficienti tali da difendermi d’istinto.

Ma adesso, quando arrivo, e ci sono quelli nuovi con la tuta da Superpippo che non sanno con chi fare sparring, cioè pugni liberi, io invece ce l’ho, l’amico con cui accoppiarmi.

Basta un cenno di mento e c’è sempre uno o due dei miei fedelissimi (o ancelli, o ladroni) su cui posso contare per non stare da solo e dover elemosinare un pugno in faccia.

Quello che ci ho guadagnato è la sensazione, forte, potente, nuova, di far parte di un gruppo, di una squadra, di un modo di pensare.

È inebriante, e si chiama fare sport.