THEY KEEP STRETCHING A BIT

  • Marzo 11, 2011





Oggi ho finito di fare nuovamente il commesso (o la commessa, o piegamajete) part-time (e con ciò ho finito tutti i miei lavori qui), da inizio dicembre il lavoro che più degli altri mi ha sostenuto.
Il negozio si trova in un centro commerciale interrato a downtown, il Pacific Center (un anonimissimo luogo che potrebbe essere ovunque sul continente): è un monomarca del brand Tristan, canadese con sede a Montreal, di moda donna e uomo (commento della Vanna: chissà che modeini…).

Prima di descrivere un po’ la mia esperienza di questi mesi, lascio chi ci ha inizialmente introdotto alla legge universale: cotone cala, jeans cede, proprio l’illuminata Vanna, riportarci sull’argomento.
Ecco un estratto dalla sua email di commento dopo il mio resoconto del primo giorno di lavoro:

No Dalsa, allora: questa bottega è il sogno di una vita! Penso che farei straordinarie non pagate pur di stare del tempo con ciccioneiro, magrone e ciuffato!
I commessi sono un mondo tutto da scoprire, con regole fisse ovunque tu sia:
– comunque ti devi sempre annoiare anche se non è vero;
– ti dovrai lamentare sia se c’è tanta gente sia se ce n’è poca;
– fingere di essere sempre cordiale e solidale coi colleghi, dare loro sempre ragione e assecondarli quando dicono che sono distrutti: pare sempre il lavoro piu stancante del mondo… e digo: dai!
– la collezione vecchia sarà sempre piu bella di quella che ti arriva, comunque!
– dovrai comprare dai negozi vicini perché xe tutto un gruppo;
– uscire coi colleghi e parlare solo di lavoro e dire che fuori sono migliori che in negozio;
– il capo-area che viene da fuori sarà comunque uno stronzo/a;
– tu metterai per regola i vestiti che solo tu capirai e che solo a te staranno bene;
– sotto alla cassa per farti amare devi avere sempre poci da regalare ai colleghi (tipo caramelle Haribo, un classico).
Niente, ora metto via i soldi e devo venire a conoscerli dal vivo!

Purtroppo la Vanna non era nascosta nella valigia di Filippo come per qualche ora ho sperato e sospettato, ma quello che ha predetto si è poi, con i dovuti adattamenti (ciambelline di Tim Horton’s al posto delle Haribo), naturalmente avverato.

Anche qui, come al cameriere, c’è la squadra 012 Benetton, specchio della composizione eterogenea di nazionalità extra-Canada del resto di Vancouver: due giapponesi (tra cui la manager), un filippino, due indiani, una afghana, due messicani, una tedesca, una inglese (e vai di barzelletta!), e 4 canadesi (con antenati immigrati, basta salire di una generazione!). Ed io. Tra questi, ciccioneiro, magrone e ciuffato (quest’ultimo, in foto).
Mi son trovato bene con tutti, mi ci sono affezionato, e loro a me.

Anche questo lavoro, sempre come al cameriere, è stato un grande esercizio di apprendimento vocaboli.
All’inizio ero impacciato e non sapevo rispondere bene ai clienti, come quella volta che ho capito che una signora mi avesse chiesto tais per donne, credendo si riferisse alle cravatte (ties), e io ho risposto “No, non le teniamo”, e dietro avevo un muro di taits (tights), cioé collant.
Col tempo ho imparato che sequens sono le paillettes, cables le trecce sui maglioni di lana, argyle è il motivo a rombi, hoodies sono le felpe col cappuccio, ma boyfriend jacket è un concetto tutto americano che da noi non esiste (giacca tipo quella di lui al college, ma che mette lei! Boh!).
Alcuni vocaboli che sembrano inventati da Massimo Boldi che tenta di parlare inglese, sono invece veri (liquidation sono davvero i saldi!).

Bisogna sempre instaurare un dialogo col cliente. I miei colleghi usano sempre frasi che suonano falsissime tipo: “Oh, I love your umbrella!!!!” (??!!).
Ci ho provato anch’io, all’inizio: eravamo sotto Natale, e una signora era chiaramente reduce da una maratona di shopping, piena di pacchi e sacchettoni. Così, tanto per dire qualcosa, le faccio: “Sembra Pretty Woman!” (riferendomi a Julia Roberts che passeggia piena di borse in mano). Fortuna che non ha capito cosa le ho detto e non mi ha chiesto di ripetere: non sarebbe stata contenta di sapere che le avevo appena dato della amica di Silvio (senza volerlo, ovvio, come metà delle cose che dico)…

Le ore, proprio come prediceva la Vanna, non passano mai. Una noia e una stanchezza infinite (anche perché non ci si può sedere).
Ci sono vari modi per farsela passare. Diciamo che ho contribuito anch’io a introdurne di nuovi per vivacizzare le giornate:
– fare a gara per usare il vaporizzatore per stirare (una cosa nuova che ho imparato ad usare! Tutto serve…) che ovviamente con me diventa un microfono, e vai di karaoke.
– Va tanto giocare a memory cercando di rimettere al giusto posto i vestiti provati in camerino dai clienti. È arduo, perché gli stilisti di Tristan non hanno fantasia, e con la stessa stoffa fanno mille robe apparentemente uguali ma differenti per un nonnulla. Inoltre, le donne, che io non so mai consigliare (cliente: ma questo è un top o un vestito?? – Dalsa: ??) son piene di mille strafanti per tutte le occasioni, quindi i pezzi si moltiplicano. A rendere il tutto ancora più avvincente è che capi simili sono posizionati in posti distantissimi tra loro.
– Ho una variante tutta mia che non posso raccontare se no mi prenderebbero per pazzo (non andrebbero poi così distanti dalla realtà): gioco a fare quando Mimì non riusciva a prendere una palla della nazionale russa, che le appariva sfuocata e la travolgeva buttandola a terra. Il mister cattivo con la barba le diceva: “Mimì, concentrati, chiudi gli occhi e poi guarda la palla!”. Così chiudo gli occhi e focalizzo il posto da cui può provenire quel determinato indumento. Funziona sempre!
E comunque spiegaglielo, tu, in inglese, di Mimì, agli 012 Benetton!
– Ma il passatempo che va per la maggiore è (tra)vestirsi.
Vedi ultime due foto.

Blog Comments

grande dalsa!ma non hai finto di essere il figlio di versace( fratello vivo)in missione vancuver per racattare nuove promesse della moda tra i colleghi e ahime non hai trovato nessuno?..si la felpa detta boyfriend non è capita qui come tremine e dopo due volte ho continuato a chiamarla..felpaconcappuccio!

"chissà che modeini…"
Vanna For President! 🙂